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dimecres, 8 de juny del 2011

ANTIGONE, IL PROFESSORE E IL PRIGIONIERO

VALENTINO GERRATANA "FILOSOFO DEMOCRATICO" - Convegno internazionale di studi, 18-19 novembre 2010 - Aula Volpi, Facoltà di Scienze della Formazione, Università degli Studi Roma Tre

Republica 01 dicembre 1990 — pagina 11 sezione: MERCURIO - DOCUMENTI

In trecentotrenta pagine è racchiuso uno dei sodalizi intellettuali più fecondi e tormentati del secolo. Da una parte Piero Sraffa, l' economista a cui niente sfugge (così disse di lui il suo amico John Mainard Keynes), il professore pensoso che Wittgenstein ricorda nelle prime pagine delle Ricerche filosofiche. Dall' altra c' è Antonio Gramsci, intento a lavorare, al chiuso d' un carcere fascista, ai suoi Quaderni. Funge da tramite, paziente e spesso bistrattata, Tatiana Schucht, la soccorrevole cognata del prigioniero comunista che in taluni studiosi ha evocato l' immagine d' una moderna Antigone.

Temi di conversazione (talvolta animata): Benedetto Croce e l' ignoranza delle scienze naturali nella cultura italiana, le tesi astruse e confuse di Keynes, la pochezza filosofica dell' economista David Ricardo (agente di cambio di mediocre cultura) e questione ancor più attuale le leggerezze dei dirigenti comunisti a Parigi verso il compagno detenuto a Turi.

Il volume, fitto di lettere inedite annotate con rigore filologico (un' ottantina gli scritti di Sraffa più le repliche di Tatiana e le sue relazioni al centro estero del partito), è curato da Valentino Gerratana, autorevole studioso di Gramsci al quale si deve, tra l' altro, l' edizione integrale, senza tagli censori, dei Quaderni.

Da otto mesi, le bozze del libro che ha già un titolo, Lettere a Tania per Gramsci giacciono inutilizzate in un cassetto degli Editori Riuniti. Ne impedisce la pubblicazione il veto posto dall' economista Pierangelo Garegnani, esecutore letterario di Sraffa. Quanta fibrillazione intorno a quelle carte Nella quiete della sua casa romana, in cima alla Camilluccia, Valentino Gerratana rifugge dai clamori della polemica. E, nel corso della conversazione, all' amarezza per una vicenda editoriale stravagante subentra l' ironia dello studioso di fronte alla fibrillazione che si registra da qualche tempo intorno alle carte d' argomento gramsciano.

- Professor Gerratana, perché il suo libro non è ancora uscito?

- Garegnani, che ha ereditato la proprietà letteraria di Sraffa, non condivide l' impianto del mio lavoro. Obietta cioè che avrei dovuto pubblicare il complesso delle lettere di Tania Schucht a Sraffa, una mole di materiale tale che avrebbe inevitabilmente annacquato la sostanza del rapporto tra Sraffa e Gramsci. Ma, più delle obiezioni, mi ha ferito il comportamento anomalo di Garegnani, il quale, nell' autunno dell' anno scorso, approva nella sostanza il mio piano di lavoro. E alcuni mesi più tardi, precisamente il 3 maggio, mi apostrofa con tono severo per telefono ingiungendomi di rinunciare. E' poi seguita la lettera di diffida del suo avvocato. Ora spero soltanto che prevalga un poco di ragionevolezza. Certo sarebbe curioso che, nel centenario della nascita di Gramsci, un libro del genere continuasse a circolare come un samizdat nella ristretta cerchia dei gramsciologi.

- Entriamo ora nel merito della sua ricerca: lo scambio epistolare tra Sraffa e il prigioniero aggiunge qualcosa di nuovo ai rapporti intercorsi tra Gramsci e il Pcd' I negli anni del carcere?

- Le lettere mostrano innanzitutto il variare degli umori di Gramsci verso il partito. In questo senso è importante la relazione scritta da Tania nel 1929 per il Centro estero del Pcd' I. Essa riferisce la reazione aspra di Nino all' ipotesi da lei vagheggiata d' affidarsi a un medico suo amico, Vittorio Puccinelli, il quale aveva assicurato di poter ottenere la commutazione della pesante pena detentiva in appena due anni di confino. Meglio crepare a Turi che perdere la fiducia dei compagni, s' inalbera Gramsci. Tenga presente un dato: Gramsci aveva già ricevuto la famigerata lettera di Grieco. Eppure tiene a cuore la stima dei compagni. Non ditelo ai compagni: io li conosco bene Bisogna dire che nel ' 33 lo stato d' animo del prigioniero sarà molto diverso. Da una lettera di Tania a Sraffa del ' 33 s' apprende che Gramsci non voleva che i compagni italiani sapessero del tentativo grande avviato dallo Stato sovietico per liberarlo dal carcere fascista. In sostanza si fidava più di Stalin che di Togliatti... Direi meglio: si fidava più dello Stato sovietico che di Togliatti. Ma questa diffidenza rientra in un quadro psicologico di grande fragilità. Siamo nella fase della frenesia nevrastenica, come lui stesso la chiamava. Fu in quel periodo che cominciò a rimuginare sulla lettera di Grieco, persuadendosi che gliel' avessero tirata. Ma da Cambridge Sraffa tendeva a minimizzare, liquidando la missiva come una leggerezza assolutamente immune da qualsiasi volontà diabolica. Sraffa sicuramente possedeva più elementi di giudizio, essendo il principale tramite tra il carcerato e i dirigenti comunisti a Parigi. A questo proposito, mi sembra interessante il ruolo avuto da Togliatti nello scambio intellettuale tra Cambridge e Turi... In una lettera del 4 maggio 1932, Sraffa comunica a Togliatti d' aver trasmesso ad Antonio la nota su Farinata. In quel periodo Gramsci stava lavorando al Canto X dell' Inferno. Nel colloquio tra Sraffa, Gramsci e il vecchio professor Umberto Cosmo, s' inserisce a un certo punto anche Togliatti, il quale riferisce d' aver sentito parlare a suo tempo, tra gli amici torinesi, di quell' argomento, e ritrova poi un vecchio articolo di Gramsci del 1918. Il tutto, infine, rifluirà nel laboratorio dei Quaderni. Se ne ricaverebbe che Togliatti seguiva da vicino la preparazione dei Quaderni. Caro Palmiro, hai qualche idea per Nino?... Sicuramente i sentimenti di Togliatti per Gramsci erano molto più affettuosi e reverenziali rispetto agli umori nutriti dal prigioniero verso di lui.... Gramsci avrà avuto le sue ragioni.

- Ma che altro scriveva Sraffa a Togliatti?

- Lo sollecita a scegliere dei temi da suggerire poi a Gramsci. Appena avrà finito Croce gli scrive bisognerà fornirgli un altro argomento. Hai qualche idea? Cosa ne diresti dei libri di De Man? Il sistema pare funzioni e non bisogna lasciarlo cadere. A quale sistema si riferiva Sraffa? Per stimolare l' interesse di Gramsci, Sraffa aveva escogitato il sistema delle lettere-recensione: aveva cioè suggerito a Tania di chiedere a Gramsci il suo aiuto per scrivere delle schede critiche. Naturalmente era un modo per far scrivere a Gramsci stesso le recensioni. La prima di queste avrebbe dovuto essere incentrata sulla Storia d' Europa nel secolo XIX di Benedetto Croce (il libro appena uscito gli era stato spedito). Gramsci assecondò il progetto, sviluppando in diverse lettere il tema proposto. E in quelle lettere si ritrova il nucleo essenziale della sua critica a Croce, ripresa poi nei Quaderni. Gramsci, insomma, stava al gioco, avendone compreso l' ingranaggio.

- Capitò mai che tra i due ci fosse un' incomprensione, un accenno di litigio?

- Una volta Gramsci, sempre con il tramite di Tatiana, chiese a Sraffa un parere sul significato filosofico di David Ricardo in relazione alla storia del marxismo e alla vexata quaestio del rapporto Marx-Hegel. Ma questa volta l' amico non era in grado di aiutarlo. La questione posta da Gramsci ha senso sul piano della riflessione analogica (frequente nei Quaderni), ma non sul piano del pensiero analitico, dove avanza il lavoro di ricerca di Sraffa. Sraffa glielo disse? Sì, e con una certa franchezza. Ricardo gli scrisse era e restò sempre un agente di cambio di mediocre cultura. Gramsci ne apprezzò l' ironia? Sappiamo soltanto che la lettera su Ricardo fu l' ultima dell' intenso commercio intellettuale tra Cambridge e Turi. A prima vista, potremmo pensare che Gramsci fosse rimasto urtato dalle osservazioni spiritose di Sraffa. Ma è un' ipotesi improponibile: in realtà, il censore forse lo stesso direttore del carcere impensierito dalla vivacità dello scambio d' idee, decise di inasprire le restrizioni carcerarie. Da quel momento Gramsci sarà costretto a lasciar cadere ogni sollecitazione di Sraffa. Un galantuomo che non amava esibirsi Professore, s' è molto parlato in questi giorni dei silenzi di Sraffa. Anche il caso recente della lettera a Spriano ha riproposto l' immagine d' uno Sraffa reticente, lacerato, forse per spirito protettivo verso Gramsci, o per evitare strumentalizzazioni anti Pci... Bisogna tener conto anche della sua indole schiva, appartata, di rare parole. Era ritroso a un punto tale che, a Cambridge, si rifiutò di tenere lezioni in pubblico, costringendo Keynes a trovargli una diversa sistemazione. Era inoltre molto meticoloso. Scrisse una volta a Elsa Fubini: Il miglior consiglio che le posso dare è di non fidarsi dei ricordi che non siano confermati da documenti. E vuole che un galantuomo di questo rigore s' abbandonasse a confessioni torrentizie?.

- Da un po' di tempo s' avverte un interesse quasi nevrotico intorno alle carte d' interesse gramsciano. Che succede?

_ Le potrei rispondere con le parole usate dallo stesso Sraffa nella lettera a Spriano del 1969. La pubblicità costituisce una tentazione troppo forte per i giornalisti. E talvolta anche per gli storici.

di SIMONETTA FIORI
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